Così tutto avvenne come stabilito: Maria Angelica fu per la seconda volta oggetto di un evento straordinario e cominciò per lei una vita in comunione solo con Gesù e la Madonna.
Il suo desiderio di espiazione la indusse a mortificare il suo corpo facendo uso di cilici, di giacigli, di spine e di lunghi digiuni.
Ciò si è potuto constatare dal ritrovamento di questi oggetti nella stanza di lei, dopo la sua morte.
Nell’abitazione della famiglia in Papasidero vi era un bel giardino con in fondo un boschetto di rovi e lì Maria Angelica soleva raccogliere le spine per formare il suo giaciglio.
Molte volte rifiutava i cibi serviti alla mensa di famiglia, perché preferiva gli avanzi e così il suo pasto constava di crusca, bucce di frutta, radici, cortecce di patate, erbe.
Arrivò al punto in cui digiunando non avvertì più la fame; si nutriva unicamente dell’Ostia che sulla sua bocca diventava un pezzo di carne sanguinante.
La sua vita ascetica le procurò frequenti estasi durante le quali colloquiava con la Madonna e il Figlio che la Vergine aveva tra le braccia.
Il coinvolgimento spirituale ebbe anche conseguenze fisiche.
Infatti, una ferita da cui sgorgava spesso sangue si aprì spontaneamente sul costato e non si rimarginò più.
Ogni giorno le usciva sangue abbondante e la camicia ne rimaneva inzuppata; per distaccarla dalle carni era necessario che l’aiutasse la sorella Giuseppina. Sangue, tanto sangue, c’era anche sul pavimento e malgrado si cercasse di pulire, ne restarono ben visibili le tracce anche dopo la sua morte.
Ancora nella sofferenza, Maria Angelica manifestò il desiderio di avere per se una statuina del Bambino Gesù, che le venne subito procurato dal nipote prediletto, sacerdote Nicolino Mastroti, con cui lei soleva passare il tempo tenendolo in braccio e cullandolo.
Un giorno la statuetta accidentalmente le cadde di mano, ma non si ruppe. Maria Angelica udì provenire dalla statuetta le seguenti parole: “Non mi sono fatto niente, non mi sono fatto niente”.
Che dire?
Non ci sono parole per descrivere gli eventi che hanno segnato la vita di Maria Angelica e la tanta intimità che aveva con la Madonna, con Gesù e con la Croce, la passione, la sofferenza, compagne inseparabili della sua vita.
Nel 1890 Maria Angelica dovette lasciare il suo paese natale, Papasidero, per seguire il nipote Nicolino, avviato al sacerdozio, e si trasferì a Castelluccio Superiore (PZ) dove il nipote prediletto potette studiare teologia col teologo Taranto.
A Castelluccio Superiore andarono ad abitare nella casa degli Orofino-Mastroti vicino la Chiesa parrocchiale di Santa Margherita.
Il paese di Castelluccio Superiore accolse Maria Angelica con calore ed affetto e ben presto la fama di santità si diffuse nel paese e in quelli vicini, tanto che molte persone accorrevano da lei per avere consigli e trovare conforto.
A Castelluccio Superiore Maria Angelica espresse il desiderio di volere in dono un altro Bambinello che gli fu procurato sempre dal nipote Nicolino.
Dalla bocca di questo Bambinello che era custodito gelosamente nella cappella della casa della famiglia Orofino-Mastroti usciva sangue ogni qualvolta venivano commessi dei peccati e quando ciò succedeva Maria Angelica pregava con più intensità e si scioglieva in lacrime.
Di questo avvenimento fu testimone l’arciprete don Biagio di Pasquale, il quale spesso le asciugò le lacrime; mentre Maria Angelica cadeva in ginocchio e pregava in riparazione dei peccati commessi.