Maria Angelica, Concetta, Filomena Mastroti nacque a Papasidero (CS) il 4 febbraio 1851 da Nicola e Gaetana della nobile famiglia degli Orofino.
La sua famiglia era composta dalla sorella Giuseppina, dal fratello Francesco, arciprete, dalla zia paterna Raffaela, dallo zio paterno Giuseppe, dalla zia materna Teresa nonché dal nipote Nicolino, arciprete.
Tra tutti i suoi parenti la zia paterna Raffaela può ben definirsi il suo angelo tutelare; insieme ogni giorno si recavano in chiesa dove rimanevano a pregare per molto tempo e prima del rientro a casa passavano a tenere compagnia allo zio paterno Giuseppe, malato di rachitide e quindi costretto a rimanere in casa per lo più a letto e di questa sua infermità benediceva il Signore e offriva con fede a Dio le sue sofferenze e i suoi dolori.
Lo zio Giuseppe amava trattenere la nipote con la lettura sulla vita dei santi e lei amava tanto conoscere queste storie perché le consentivano di riflettere sui prodigi che questi compivano; tanto da farle considerare il dolore cristiano, un dolore che se affrontato con fede e amore redime e purifica.
Le immagini che ci sono state tramandate la ritraggono come persona di bassa statura, vestita quasi sempre di nero, di colorito bruno e di costituzione gracile.
Una foto la ritrae con i capelli lunghi, a trecce girate sul capo tipiche del tempo, con le mani giunte e il volto mistico rivolto a Gesù Crocifisso.
Sin da piccola imparò a leggere e a scrivere quanto basta senza mai preoccuparsi né di sposarsi né di pensare agli affari e di avere interessi per le cose del mondo.
Di amici e di amiche non c’è traccia, non risulta abbia tenuto rapporti di una qualche intimità con persone del paese.
L’unica cosa che faceva ogni giorno era quella di recarsi alla cappella della Madonna di Costantinopoli, poco distante dal paese e qui con la sua piccola mano poggiata sulla porta senza fare uso di chiavi, la porta della cappella si apriva e lei entrava gioiosamente, rimanendo a pregare silenziosamente per molte ore.
All’età di sei anni una grave malattia, la tubercolosi polmonare, la costrinse a letto e questa malattia le procurò sofferenze indescrivibili che ella accettò come dono e offrì con la generosa espansione del suo cuore al Signore, attraverso le sue instancabili preghiere, tanto da meravigliare tutte le persone care che le erano accanto.